domenica 29 giugno 2008

Biografia di Pio Brunone Lanteri di Roberto de Mattei



La vita del Lanteri si collocò a cavallo di due secoli, tra il 1759 e il 1830, sullo sfondo di una delle epoche più tragiche della storia della Cristianità, in cui il male, che covava da secoli e che già aveva conosciuto con la Riforma accessi violenti, ma anche benefiche reazioni risanatrici, esplode e dilaga con rinnovata virulenza. All'ombra delle logge massoniche che stendono il loro velo vischioso su tutta l'Europa, giansenismo, gallicanesimo, giuseppinismo, illuminismo, cattolicesimo illuminato — forze diverse ed eterogenee, ma accomunate dall'odio verso la Chiesa di Roma — intrecciano e moltiplicano gli sforzi per la distruzione dell'ordine religioso e sociale che fondava la Cristianità.

«Una volta — scrive Diderot — che gli uomini hanno osato in una qualunque maniera dare l'assalto alla barriera della religione, a quella barriera la più formidabile che esista come anche la più rispettata, è impossibile fermarsi. Non appena abbiano rivolto gli sguardi minacciosi contro la maestà del cielo, il momento dopo gli uomini non mancheranno di dirigerli contro la sovranità della terra. Il cavo che tiene ferma e oppressa l'umanità è formato da due corde: l'una non può cedere senza che si rompa l'altra» (1).

La perversione intellettuale trova il suo terreno più fertile nella corruzione morale dei sovrani e degli aristocratici. L'austerità e lo spirito di sacrificio, che avevano plasmato quella civiltà europea che nel monaco e nel cavaliere medioevale aveva espresso i suoi più alti modelli umani, si degradano in una visione della vita permeata di sensualismo e di orgoglio. «Al pari di ogni altra dominazione — ricorda Haller — l'Impero del male non si stabilì più dal basso in alto, ma discese dai grandi presso le classi medie e inferiori» (2).

Il tentativo di realizzare lo "Stato filosofico" esito naturale dello sforzo dei settari — si ha in Francia con quella Rivoluzione il cui logico culmine è segnato dai dodici mesi del Terrore.

«Tutte le leggi della natura e della vita — osserva Augustin Cochin — vengono violate in questa avventura di un grande popolo civile che sembra colto da un accesso di pazzia furiosa» (3).

La Rivoluzione francese non è tuttavia solo un luogo storico di follie e di errori, ma inaugura realmente, secondo l'intuizione maistriana, una nuova epoca del genere umano. Essa segna infatti, con la dissoluzione della società d'ordini d'Ancien Régime, la fine di una società, malgrado tutti gli abusi, ancora strutturalmente cristiana. La ribellione che con la pseudo-Riforma protestante aveva investito l'ambito ecclesiastico si estende, a coronamento di un processo di sovversione plurisecolare, all'ambito politico e sociale: è la fine della Cristianità come famiglia di popoli cristiani, come proiezione civile e sociale del cristianesimo. L'essenza di questo processo, che non limita la sua portata a un momento storico, ma caratterizza un'epoca, è il non serviam: il rinnovamento cioè, e la trasposizione sul piano politico e sociale, del primo peccato. Come tale non si esaurisce nel Terrore, ma si sviluppa, attraverso continue e successive metamorfosi che vedranno alternarsi vampate di parossismo a intervalli di apparente quiete, fino a segnare i nostri giorni (4).

Tra le figure di santi e di apostoli, campioni della fede cattolica, che la Provvidenza suscitò ad arginare l'empietà rivoluzionaria, fu il Venerabile Pio Brunone Lanteri, nato e battezzato a Cuneo il 12 maggio 1759, settimo dei dieci figli del medico Pietro Lanteri.

Cresciuto in una famiglia impregnata di pietà, maturò precocemente la sua vocazione, ma a causa della salute malferma, non potè essere accolto dai Certosini, come avrebbe desiderato; entrò quindi nel clero secolare, recandosi a Torino, nel 1777, a frequentare la facoltà di teologia.

L'incontro con il padre Nikolaus Albert von Diessbach , nella capitale del regno sardo, fu l'avvenimento che orientò radicalmente il corso della sua vita. Brillante e valoroso ufficiale calvinista al servizio del re di Sardegna, Diessbach si era convertito al cattolicesimo e fatto gesuita. Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, nel 1773, si era completamente dedicato alla formazione di una élite cattolica, impegnata a combattere lo spirito rivoluzionario con le sue stesse armi: la stampa, e cioè la moltiplicazione e la diffusione capillare di buoni libri, e il segreto, sia pure limitato alle modalità operative e non già esteso, secondo il gradualismo delle sette rivoluzionarie, agli stessi fini dell'azione. Ispirata a tali principi, era nata l'Amicizia Cristiana che, fondata a Torino da Diessbach tra il 1779 e il 1780, si era presto diffusa a Milano, a Firenze, a Friburgo, a Vienna, a Parigi, fino a Varsavia, arruolando nelle sue file uomini della tempra di un Pierre de Clorivière, il futuro restauratore della Compagnia di Gesù in Francia, e dell'apostolo di Vienna San Clemente Maria Hofbauer.





Il P. Nicolao Alberto De Diessbach



Alla scuola di Diessbach si formò anche Lanteri, divenendone presto, assieme al padre Luigi Virginio, il più zelante collaboratore.

«Col Diessbach — secondo le testimonianze — passava tutto il tempo che poteva, andava con lui a pranzar nelle cantine, affin di pescar peccatori, d'impedire cattivi discorsi, di far correre buoni libri. Da più anni non andavano a dormire che a un'ora o due dopo mezzanotte, e impiegava quell'ora a parlar di Dio, a fortificarsi nella buona dottrina» (5).

Verso la fine del febbraio 1782, Diessbach e Lanteri si recarono a Vienna, focolaio di giuseppinismo, per preparare, con prediche, contatti, diffusione di opuscoli, l'accoglienza dei cattolici austriaci a Pio VI, Pellegrino Apostolico, che vi fu trionfalmente ricevuto il 22 marzo. Al ritorno Lanteri veniva ordinato sacerdote.

«La mia vita — così appuntava alla vigilia dell'ordinazione — è dichiarata una battaglia, ancor oggi vi son destinato e fatto spettacolo a Dio, agli Angeli, agli uomini; quanto mi accadrà, sia prospero sia avverso, mi è procurato da Dio per occasion di bottino, siane sempre lodato, voglio approfittarmene... Sempre apertamente e liberamente dichiarato dalla parte di Dio, e come già formalmente consacrato a lui, tutto impegnato a rapire anime al mondo e darle a Dio. Sempre pensare, parlare, operare da Santo; così richiede lo spirito di vero Ministro di Dio e le stesse ragioni che avevano i santi. Parlare di Dio come i soldati della guerra» (6).

Lanteri aveva allora solo ventitrè anni, ma aveva fatto le scelte definitive. La sua salute sempre fragile era dominata da una volontà ferma che traspariva dal profilo affilato, dolce e forte a un tempo. Delle ventiquattro ore della giornata aveva deciso di dedicarne dieci alle opere per la gloria di Dio, sette agli esercizi di pietà, sette ai bisogni del corpo. Una mezza giornata la settimana e una giornata al mese erano inoltre dedicate allo studio dei mezzi di apostolato. «Coloro che lo conobbero da vicino sanno che in vita sua non perdè mai tempo, e si crede che di ciò avesse voto» (7).

Mentre Diessbach si stabiliva a Vienna, dove morì nel 1798, e Virginio partiva per Parigi, Lanteri si trovò a dirigere l'Amicizia torinese che, sotto la sua guida, attraversò gli anni di persecuzione che vanno dall'invasione francese del 1796 al 1814, mantenendo il suo carattere di centro di irradiazione e di punto di riferimento dottrinale per tutto il Piemonte. Lanteri, addottoratosi in teologia, si teneva in contatto con i librai e i tipografi di tutta Europa, aggiornando continuamente la sua vastissima biblioteca privata e diffondendo tempestivamente opuscoli e dissertazioni, suoi o di suoi collaboratori, contro gli errori del tempo. Tra questi ha rilievo capitale il giansenismo, la prima setta eretica che non arrivi allo scisma, ma preferisca operare come quinta colonna mascherata all'interno della Chiesa, occupando sogli episcopali, cattedre universitarie, parrocchie, seminari (8). Esso filtrava dal calvinismo errori sulla salvezza degli uomini — che riteneva inaccessibile e riservata a pochi eletti — e sulla Chiesa, negando di fatto l'autorità pontificia e rifiutando l'infallibilità. In nome di un falso rigore, limitava inoltre la frequenza ai sacramenti, disprezzava il culto di Maria SS., del Sacro Cuore, dei Santi, e disseccava così le fonti della vita spirituale del popolo.

Al giansenismo Lanteri oppose la dottrina di S. Alfonso, la cui opera definì «come una biblioteca di tutti i moralisti» (9) e diffuse per tutto il Piemonte. «Attaccatevi al Liguori, al Liguori — diceva —. Se si vuol far del bene alle anime bisogna che ci appigliamo alla dottrina di questo autore; bisogna rivestirsi del suo spirito, se vogliamo portare anime a Dio. Oh! benedetta la dottrina di questo Vescovo, e benedetto il Signore che in questi tempi ci diede un uomo che è tanto secondo il suo cuore» (10).

«Si può dire con giusta ragione — scrisse di Lanteri padre Antonio Bresciani — ch'egli fu in Piemonte il sostegno della sana teologia e della sana morale. Egli il martello più potente del giansenismo» (11).

Alleato naturale del giansenismo fu il gallicanesimo, riemerso nella politica ecclesiastica del Bonaparte. Napoleone aveva infatti dato ordine che persino nei seminari diocesani, oltre che nelle Università, venissero insegnati i quattro famigerati articoli gallicani che — approvati dall'assemblea generale del clero francese nel 1682 — per un verso limitavano, come farà il giansenismo, l'autorità pontificia, sostenendo l'inferiorità del Papa nei confronti del Concilio e affermando che le definizioni dogmatiche dei Papi sono infallibili solo dopo l'approvazione della Chiesa; per altro verso negavano autorità alla Chiesa sul piano temporale, introducendo di fatto il principio della secolarizzazione delle istituzioni e della separazione tra Chiesa e Stato.

Anche contro il gallicanesimo Lanteri si battè vigorosamente, non solo distinguendosi per i suoi scritti polemici, ma impegnandosi in prima persona, come fu per l'organizzazione dell'assistenza materiale, da lui promossa, al Papa prigioniero a Savona.





Incontro di Napoleone con S.S. Pio VII, prigioniero a Savona



Il 10 giugno 1809 Pio VI aveva infatti lanciato la bolla di scomunica contro Napoleone, Quum memoranda: il 6 luglio iniziava la sua prigionia. Da Parigi, a Lione, a Torino, a Mondovì, a Savona si era tuttavia stabilita un'invisibile catena attraverso la quale i membri degli Chevaliers de la Foi, della Congrégation di Lione, dell'Amicizia Cristiana — le società segrete che costituivano i centri della resistenza cattolica (12) riuscirono a far penetrare la bolla attraverso le maglie del rigoroso controllo napoleonico e a introdurla e diffonderla a Parigi. Fu inoltre lo stesso Lanteri a far pervenire a Pio VII le decretali di Bonifacio VIII e gli atti del II Concilio di Lione — necessari per la stesura del Breve del novembre 1810 sui vescovi e sui vicari capitolari — in un plico che l'amico Renato d'Agliano trovò modo di deporre nelle pieghe delle vesti del Papa, mentre si chinava al bacio della sacra pantofola.

Da Parigi non tardò a partire l'ordine di arrestare Lanteri per "fanatismo spiegatissimo". Questi veniva così relegato, nel marzo 1811, alla "Grangia", una casa di campagna in cui fu costretto a trascorrere tre anni di esilio, che tuttavia lo ritemprarono fisicamente e spiritualmente, interrotti solo dalla caduta di Napoleone e dal ritorno a Torino, il 20 maggio 1814, di Vittorio Emanuele I.

«Non fu mia opinione soltanto — ricorda il canonico Luigi Craveri, morto anch'e gli in odore di santità, — ma di molti che lo conobbero che, a guisa di un apostolo e confessore della fede, abbia nei tempi difficili che passarono dal 1796 al 1814 più che altri mai contribuito a conservare la religione e rassodare i buoni nelle pratiche della pietà cristiana, a segno che le persone di rango e la più parte di coloro che rimasero fermi nel dovuto attaccamento alla Religione ed al legittimo governo, si distinguevano per essere diretti dal sig. Teologo Lanteri» (13).

Con la Restaurazione il clima politico e religioso del Piemonte mutò rapidamente: l'editto del 21 maggio 1814 abolì il Codice Napoleone, stabilendo il ritorno alle Leggi e costituzioni di S.M. del 1770; vennero soppressi, tra l'altro, il matrimonio civile e il divorzio, introdotti da Napoleone; con editto reale del 20 febbraio 1816 furono ristabilite le congregazioni religiose e, tra queste, privilegiati i gesuiti. L'Amicizia Cristiana si trasformò nel 1817 in Amicizia Cattolica: identici erano i fini e identico il mezzo di apostolato, la buona stampa, ma venne allargato il numero dei membri, accentuato il carattere laicale e soprattutto abolito il segreto, necessario in tempi di persecuzione, ma non più giustificato dal nuovo clima instauratosi. Le riunioni erano ospitate dal marchese Cesare d'Azeglio nel suo palazzo. Tra i membri più illustri e zelanti fu il conte Joseph de Maistre, che militò nell'Amicizia dal novembre 1817 alla morte, avvenuta il 26 febbraio 1821. A questi ultimi tre anni torinesi risale, non casualmente, la pubblicazione di opere come Les Soirées de Saint-Petersbourg, L'Eglise gallicane, Du Pape, che l'Amicizia considerò e diffuse come proprie.

La distribuzione gratuita di libri, preferibilmente "di poco volume ma forti per ragionamento e per unzione", restò l'attività principale.

«Negli otto anni di vita dell'Amicizia — scriveva nel 1825 d'Azeglio al Barbaroux — sono centinaia di migliaia i volumi che abbiamo diffuso: superano i diecimila i mandati in America» (14). «Il nostro fine — scriveva a sua volta de Maistre — è precisamente la controparte della funesta propaganda del secolo scorso, e (...) noi siamo assolutamente sicuri di non ingannarci, facendo per il bene proprio ciò che essa ha fatto per il male con un così deplorevole successo» (15).

Il conte Clemente Solaro della Margarita — che soleva spesso ripetere che se « si tenne fermo ai sodi princìpi e fu sostenitore del diritto e della giustizia, tutto lo doveva a Brunone» (16), direttore spirituale della madre — così ne riassunse l'attività e ne descrisse la fine, avvenuta nel 1827, sulla scia della campagna persecutoria che aveva già segnato lo scioglimento della Congrègation parigina:

«L'associazione dell'Amicizia Cattolica fu fondata sotto il Regno di Carlo Felice; il suo scopo era la diffusione di buone massime, per opporsi alle pessime dei nemici della Religione e del Trono; non altra arte adoperava che la stampa di buoni libri e preghiere. Pure fu rappresentata al Re quasi una setta che agognava dominare e rendersi formidabile al Governo. Il Re Carlo Felice non lo credè; sovveniva anzi di suo privato peculio l'associazione, conosceva i membri della medesima, e quanto a Lui fossero devoti; però, infastidito dalle continue dicerie di chi era geloso del bene che altri faceva, o quel bene odiava, giudicò esser cosa prudente che fosse sciolta, per togliere ogni pretesto alla tolleranza di altre società, che con men rette intenzioni poteano formarsi. Conosciuta l'intenzione del Re, i membri dell'Amicizia cattolica, senza esitare, ponendo in pratica i principii che professavano d'ubbidienza e sommessione al Sovrano, troncarono le radunanze, interruppero i lavori, dichiarando finita l'associazione, che non si cercò mai più in appresso di ristabilire» (17).

Calunnie e persecuzioni subì anche l'altro frutto dell'attività instancabile di Lanteri. Gli Oblati di Maria Vergine, la congregazione religiosa eretta canonicamente fin dal 1816, dovè infatti attendere dieci anni, superando le difficoltà frapposte soprattutto dall'arcivescovo di Torino Chiaveroti, ostile al rigoroso antigiansenismo di Lanteri, prima di ottenere l'approvazione pontificia e il regio exsequatur.

Lo spirito degli Oblati, nati mentre l'Amicizia si spegneva, è analogo a quello dell'Amicizia: il fine primario è la santificazione personale «per via dell'imitazione la più attenta di Gesù Cristo che si propongono per modello in ogni azione, unitamente agli esempi di Maria SS. loro cara Madre» (18); il fine secondario quello della santificazione del prossimo, attraverso gli Esercizi di Sant'Ignazio, l'impegno nell'amministrazione dei sacramenti, la diffusione della buona stampa e la lotta contro gli errori correnti.

«Lo scopo al quale tende questa Congregazione, con le sue Costituzioni e Regole — così il Breve di Leone XIII — è che tutti i congregati, se rettamente uniti in un sol corpo, anzitutto diano il loro aiuto al clero, sia per prepararsi convenientemente a ricevere gli Ordini, sia per esercitare la cura d'anime; siano poi sempre pronti a riformare i costumi delle popolazioni specialmente con la predicazione in pubblico e in privato degli Esercizi Spirituali secondo il metodo proposto da Sant'Ignazio, approvato e raccomandato dal nostro predecessore Paolo III; si impegnino a diffondere la lettura dei libri di sana e utile dottrina, a spargerli e farli circolare, per impedire i gravi danni che temiamo vengano portati dalla colluvie di libri cattivi che inonda il mondo intero» (19).

Agli ultimi anni di vita di Lanteri risale la composizione del Direttorio per gli Oblati, specchio prezioso di una spiritualità che si alimenta a molti maestri, da sant'Alfonso a san Francesco di Sales, a santa Teresa, a santa Maria Maddalena de' Pazzi, ma che ha certamente in sant'Ignazio la sua fonte più viva e feconda.

Gli Esercizi di sant'Ignazio, «strumento potentissimo della divina grazia, e un metodo sicuro per ciascuno di farsi santo e gran santo» (20), saranno fino all'ultimo il mezzo di pedagogia ascetica privilegiato da Lanteri, che li applica innanzitutto a sé stesso una o più volte l'anno.

«Egli — testimonia un contemporaneo — ne approfondisce il piano, legge tutti gli autori che più chiaramente ne scoprono il vero ordine, la forza, la maestria, l'infallibile sapienza: raccoglie quanto può di memorie utili al loro più sicuro riuscimento, essendosene già per il lungo tempo e disprezzo quasi perduto il vero spirito, e tutto si consacra a risvegliargli, a proporli» (21).





Padre Pio Brunone Lanteri Apostolo degli Esercizi Spirituali



Gli Esercizi formano il tipo ideale del combattente cristiano, impegnato nella riforma personale e nella restaurazione della cultura e delle strutture sociali: uomo forte e risoluto, pronto alle scelte radicali e al servizio totale per l'onore e la gloria del proprio Re e Signore. La regalità di Cristo degli Esercizi ignaziani si intreccia intimamente alla devozione al Sacro Cuore che — dopo le apparizioni di Paray-le-Monial a Santa Margherita Marta — ebbe nei gesuiti infaticabili apostoli e fu quasi la doctrine intérieure dell'Amicizia e di tutte le società "segrete" cattoliche degli anni della persecuzione rivoluzionaria e dei combattenti cristiani della Vandea e del Tirolo.

«Il mio Cuore regnerà malgrado i miei nemici», aveva detto Gesù a santa Margherita Maria. Nel giorno della proclamazione della festa di Cristo Re, Pio XI vorrà la rinnovazione della Consacrazione del genere umano al Sacro Cuore: «Essendosi, nel secolo scorso e in quel nostro, per le macchinazioni degli empi giunti a tal punto da disprezzare l'impero di Cristo e dichiarare pubblicamente guerra alla Chiesa, con leggi e mozioni dei popoli contrarie al diritto divino e naturale, anzi con il grido di intere assemblee: "Non vogliamo che costui regni sopra di noi", appunto per la detta consacrazione erompeva quasi e faceva forte contrasto la voce unanime dei devoti del Sacratissimo Cuore per rivendicarne la gloria e difenderne i diritti: "Bisogna che Cristo regni” , “Venga il Regno tuo”» (22).

Cor Iesu Adveniat regnum tuum. Adveniat per Mariam. Proprio affiancando la Madonna al Sacro Cuore si riassume nel migliore dei modi la spiritualità di Lanteri, di cui è tratto caratteristico la profonda devozione mariana.

Lanteri infatti «era innamorato di Maria Vergine, dappertutto aveva appese le sue immagini, tenea una raccolta preziosa dei libri che parlan di lei, ne leggeva qualche ora tutte le settimane, ne celebrava le novene, parlava frequentissimamente di Lei (...)» (23).

«Sappiano tutti coloro nelle mani delle quali capiterà questa mia scrittura — così si era impegnato il giorno dell'Assunta del 1781, un mese prima di essere ordinato suddiacono, — che io sottoscritto B. mi vendo per ischiavo perpetuo della B. V. Maria N. S., con donazione pura, libera, perfetta della mia persona e di tutti i miei beni, acciò ne disponga ella a suo beneplacito come vera ed assoluta Signora mia. Siccome mi riconosco indegno d'una tale grazia prego il mio S. Angelo Custode, S. Giuseppe, S. Teresa, S. Giovanni, S. Ignazio, S. Francesco Saverio, S. Pio, S. Bruno, acciò mi ottengano da Maria SS. che si degni di ricevermi tra i suoi schiavi. In confermazione di ciò mi sottoscrissi» (24).





Scrittura della Schiavitudine (15 agosto 1781) e Voto di appartenenza all'Amicizia Cristiana (16 luglio 1780)



Quest'atto di schiavitù ricorda sorprendentemente quello di san Luigi Maria Grignion de Montfort, che Lanteri non potè tuttavia conoscere, dal momento che il Trattato della vera devozione alla santa Vergine del Montfort fu rinvenuto solo nel 1842; a meno di non supporre una trasmissione orale attraverso le Congregazioni Mariane. Di certo, nella sua tenera devozione alla Madonna come mediatrice e come baluardo contro i nemici della fede, Lanteri si apparenta spiritualmente al Montfort, apparendo quasi come una prefigurazione di quegli apostoli degli ultimi tempi, «fuoco ardente: ministri del Signore capaci di incendiare dovunque», che l'apostolo del Poitou e della Vandea aveva invocato.

Maria rispose al suo amore assistendolo nelle sue ultime ore. «Nell'ultima infermità — ricorda il padre Antonio Ferrero, suo confessore — mi disse più volte che avea una bella Signora con un bel figlio in braccio, che non lo lasciava mai, ma più non disse» (25).

«Morì ieri mattina li 5 corrente — così lo stesso Ferrero ci descrive la sua morte — a nove ore e cinque minuti del mattino, facendo un'ora di dolcissima agonia, con perfetta cognizione e pace fino all'ultimo respiro, di cui, tutti guardandolo, niuno s'accorse. Gli ultimi suoi ricordi furono, dopo d'averci alcuni momenti prima di morire tutti benedetti ancora, che ci amassimo, e che restassimo sempre uniti di cuore e con ogni sacrificio in Gesù e Maria. Ci chiese perdono se ci aveva amareggiati, e volendo al collo appeso grosso Crocefisso e quante reliquie potè chiudere in una borsa, sorridendo a tutti i pensieri che racchiudevano sensi di fiducia e slanci d'amore, a quelle parole del Vangelo che gli si leggevano: "serva eos, ut sint unum sicut et ego in te", chinò l'occhio, e più non era tra noi; io lo credea vivo e dicea il Proficiscere, ed egli se ne stava già in seno a Dio. Appena spirato restò bianco e bellissimo: non avendo mai in vita voluto lasciarsi far ritratto, chiamammo allora un pittore per averne l'immagine, e quei della famiglia non sapeano separarsi da lui, ci gustavano un paradiso a stargli vicini, e recisero i suoi capelli e le unghie per averne reliquie» (26).

Si spegneva così a settantun anni, un uomo la cui vita fu definita «un atto di costante fortezza» (27).

Era il 5 agosto 1830, festa della Madonna della Neve. Esattamente un secolo dopo, il 5 agosto 1930, veniva introdotto il processo di beatificazione.



Nuovo Neemia, come fu ancora definito (28), inviato da Dio a riaccendere nel Piemonte il fuoco sacro della fede, da Lanteri parte quel ricco filone di spiritualità piemontese, dal teologo Guala a San Giuseppe Cafasso, a san Giovanni Bosco, caratterizzato dall'innesto ignaziano sul rigoglioso tronco savoiardo che da san Francesco di Sales arriva a Gerdil. Sul piano civile i suoi frutti furono raccolti dal conte Clemente Solaro della Margarita, l'ultimo grande esponente della Contro-Rivoluzione piemontese, vigorosamente alternativa all'anima ereticale, espressa dall'avversario politico di Solaro: Cavour. L'Italia che si formò svolse il programma cavouriano, sempre richiamandosi, nel succedersi dei regimi politici, alle proprie origini risorgimentali: un Risorgimento che aveva raccolto l'eredità rivoluzionaria contro cui Lanteri si era levato.

Pio XI definì Lanteri precursore dell'Azione Cattolica; a essa e a ogni apostolato laico, sempre che lo voglia, il Venerabile indica ancora la meta: «Il nostro scopo è di sottomettere tutta la terra a Gesù Cristo» (29).

Dell'apostolato ci indica anche i mezzi: «Conviene formare degli uomini perfettamente agguerriti e bene istruiti (...) forti, costanti, che non si scoraggino mai (...) che diventino, secondo l'espressione di Santa Caterina da Siena, dei gustatori delle anime (...) che sappiano animare il bene che esiste, introdurne del nuovo, distruggere il male» (30).

Intuendo perfettamente la fase culturale della Rivoluzione che minaccia la Chiesa e la società, Lanteri ci propone, accanto alla preghiera e al sacrificio, la difesa a oltranza della verità nella battaglia delle idee. Riconquista e diffusione della buona dottrina e formazione di élites irraggianti: queste dunque le linee di lotta per la crociata del secolo ventesimo. (31)

L'apostasia è certamente cresciuta dai tempi di Lanteri e sembra che solo categorie apocalittiche possano essere applicate a rettamente interpretare il nostro tempo. Rimane tuttavia per ognuno la possibilità della buona battaglia. A chi sceglie questa via, la sola giusta e onorevole, Lanteri parla ancora: nella misura in cui la Rivoluzione che egli combattè continua a segnare il nostro tempo, egli è nostro contemporaneo, la sua bandiera è la nostra bandiera, i suoi nemici i nostri nemici. Scegliamo dunque di combattere, pregando il suo nome e affidandoci completamente con lui a Maria, distruggitrice delle eresie, scettro della fede ortodossa, sostegno dei combattenti cristiani, torre inespugnabile di fronte al nemico, terribilis ut castrorum acies ordinata.

«O Maria, forte come un esercito, dona alla nostra schiera la vittoria. Siamo tanto deboli e il nostro nemico infierisce con tanta superbia. Ma con la tua bandiera ci sentiamo sicuri di vincerlo; egli conosce il vigore del tuo piede, egli teme la maestà del tuo sguardo. Salvaci, o Maria, bella come la luna, eletta come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall'odio, ma dalla fiamma dell'amore. Così sia» (32).



Roberto de Mattei
dalla "Introduzione" a Pio Brunone Lanteri, Direttorio e altri scritti, Cantagalli, Siena 1975



NOTE

1) Diderot, Lettera del 3 aprile 1771 alla P.ssa Darhkoff, cit. in Albert Sodoul, Feudalesimo e Stato rivoluzionario. I problemi della Rivoluzione Francese, Guida, Napoli 1973, p. 51.

2) Carl Ludwig von Haller, La Restaurazione della scienza politica, Utet, Torino 1963, p. 235.

3) Augustin Cochin, Meccanica della Rivoluzione, Rusconi, Milano 1971, p. 343.

4) Per un'analisi in profondità della genesi e dei metodi del fenomeno rivoluzionario, cfr. il fondamentale Plinio Corrêa da Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Cristianità, Piacenza 1972, con saggio introduttivo di Giovanni Cantoni.

5) Doc. LXXII, Epistola et Relatio de vita et virtutibus Servi Dei a Sacerdote Antonio Ferrero O.M.V., ut videtur, conscriptae, anno 1830, 6 augusti, in Pinerolien. Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii Brunonis Lanteri Fundatoris Congregationis Oblatorum M. V., Positio super introductione causae et super virtutibus ex officio compilata, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano 1945 (a cura di A. P. Frutaz), p. 599.

6) Doc. LXVI, Excerpta e Directorio spirituali Servi Dei, anno 1782, in Positio cit., pp. 526-527.

7) Doc. LXII cit., in Positio, p. 602.

8) Per una esemplare diagnosi del giansenismo, nel suo significato e nel suo ruolo, cfr. Antonio de Castro Mayer, Il Giansenismo e la terza forza, in "Cristianità" n. 1 e 2, 1973.

9) Sull'importanza dell'opera svolta da Lanteri nell'introduzione della morale di S. Alfonso, cfr. Jean Guerber, Le ralliement du clergé française à la morale liguorienne, l'Abbé Gousset et ses précurseurs (1785-1832), Dissertatio ad lauream in Pont. Unir. Gregoriana, Roma 1973.

10)) Pietro Gastaldi, Della vita del servo di Dio Pio Brunone Lanteri, fondatore della Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, Marietti, Torino 1870, p. 406.

11)) Doc. LXXX, Epistola et Relatio de vita et virtutibus Servi Dei a Sacerdote A. Bresciani S. J. conscriptae, anno 1841, 6 martii, in Positio, p. 639. "Se io sono qualcosa - diceva il Bresclani - tutto lo debbo a quella grand'anima del Lanteri" (cit. in Gastaldi, p. 13).

12) La storia della resistenza cattolica alla persecuzione rivoluzionaria negli anni che vanno dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione è ancora da crivere; preziosi elementi ci vengono offerti dalle opere del Bertier de Sauvigny (Le Comte Ferdinand de Bertier (1782-1864) et l'énigme de la Congrégation, Presses Universitaires de France, Paris 1948), del Lestra (Histoire secrète de la Congrégation de Lyon, Nouvelles Editiones Latines, Paris 1967) del Bona (Le "Amicizie", società segrete e rinascita religiosa (1770-1830), Deput. Subalpina di Storia Patria, Torino 1962).

13) Doc. LXXVII, Epistola et relatio de vita et virtutibus Servi Dei a Sacerdote Aloisio Craveri conscriptae, anno 1838, 4-5 maii, in Positio, p. 622.

14) Cfr. Tommaso Piatti O. M. V., Un precursore dell'Azione cottolica, il servo di Dio Pio Brunone Lanteri, fondatore degli Oblati di M. V., con prefazione del P. Enrico Rosa S. J., Marietti, Torino 1954, p. 131.

15) Joseph de Maistre, Correspondance, vol. VI, in Oeucres complètes, t. XIV, Vitte et Perrussel, Lyon 1886, p. 116.

16) Cfr. Gastaldì, op. cit., p. 187.

17) Clemente Solaro della Margarita, Memorandum storico politico, Bocca, Torino 1930, pp. 8-9.

18) Cfr. Pio Brunone Lanteri, Direttorio e altri scritti, Cantagalli, Siena 1975, p. 33.

19) Leone XII, Breve "Etsi Dei Filius".

20) Cit. Piatti, op. cit., p. 70.

21) Doe. LXXVI, Relationes duae de vita et virtutibus Servi Dei a Sacerdote Henrico Simonino O. M. V. conscriptae, annis 1833-1854, in Positio, p. 613.

22) Pio XI, Lettera Enciclica dell'8 maggio 1928, Miserentissimus Redemptor Noster, in Le fonti della vita spirituale, Documenti Pontifici, Edizioni Paoline, Roma 1964, p. 206.

23) Doc. LXXII cit., p. 606.

24) Doc. IV, Testimonium quo Pius Bruno Lanteri servum perpetuum B. M. V. sese declarat, anno 1781, 15 angusti, in Positio, p. 9.

25) Doc. LXXII, p. 606.

26) Ibidem, pp. 597-98.

27) Doc. LXXXIX, Excerpta e Processu ordinaria auctoritate constructo in Curia Pineroliensi, annis 1930, 5 augusti - 1931, 16 iunii, in Positio, p. 791.

28) Gastaldi, op. cit., p. 689.

29) Icilio Felici, Una bandiera mai ripiegata. Pio Brunone Lanteri. Tipografia G. Alzani, Pinerolo 1950, p. 66.

30) Ibidem, p. 66.

31) Se è vero che "(...) La Rivoluzione passa attraverso fasi caratterizzate da una prevalenza di azione sovvertitrice in campo religioso, poi politico, poi sociale, per espandersi da ultimo in tutto il costume della società e divenire in tal modo un fenomeno di "cultura", una Rivoluzione culturale (...) non è difficile provare che ci troviamo oggi, generalmente considerando il fenomeno, in una fase "culturale" della Rivoluzione, che, se anche non cade sincronicamente nel momento di evoluzione di tutte le situazioni locali, approfitta di ogni strumento di comunicazione sociale per diffondersi indiscriminatamente e accelerare lo sviluppo della propria "cultura"; ossia per fare di ogni campo il terreno di cultura dei propri germi. È conseguentemente necessario affermare, dunque, che ogni reazione deve oggi in primo luogo dotarsi di quegli elementi di dottrina e teoria dell'azione che siano all'altezza della Rivoluzione in generale e della Rivoluzione culturale in particolare" (Giovanni Cantoni, L'Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, saggio introduttivo all'opera di Plinio Corrêa de Oliveira, cit., p. 39).

32) Pio XII, Radio-Messaggio all'Azione Cattolica italiana dell'8 dic. 1953, in Le fonti della vita spirituale, cit., vol. I, p. 666.

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